sabato 20 gennaio 2018

ARTE E MITO: IL LAOCOONTE


Il Mito
Nel II libro dell'Eneide, Virgilio narra della caduta di Troia ad opera degli Achei. Egli racconta che quando i Troiani si svegliarono ed uscirono dalle proprie case, dieci anni dopo lo sbarco dei Greci sulla costa asiatica, trovarono un cavallo di legno sulla spiaggia e nessuna traccia delle navi greche. Sul momento i Troiani considerarono il cavallo un dono divino alla città. In questo punto della narrazione emerge una figura fino ad allora nascosta: Laocoonte. Egli era sacerdote del dio Poseidone e fu l'unico a capire che il cavallo era solo un'astuto inganno ordito dai Greci. Cercò infatti di convincere il proprio popolo a bruciare il cavallo, sicuro che al suo interno si nascondessero alcuni soldati Achei, e trafisse il ventre del cavallo con una lancia. Ma una divinità ostile alla città di Troia, forse Atena, lo fermò: fece emergere dal mare due grossi serpenti marini che aggredirono i suoi due figli. Nel tentativo di salvare i due giovani fu anch'egli avvinghiato dalle mortali spire dei due serpenti. Dopo che i tre Troiani morirono, i due mostri salirono su per l'acropoli della città, fino a fermarsi ai piedi della statua che ritraeva la divinità che li aveva mandati. Questo evento fu interpretato dai Troiani come segno degli dei e fecero entrare il cavallo all'interno delle mura cittadine, provocando così la successiva caduta di Troia.

La scultura

Il Gruppo del Laocoonte è opera di tre grandi artisti originari di Rodi. La scultura è risalente al periodo ellenistico e ritrae la tragica scena di Laocoonte e dei suoi figli avvolti dall'abbraccio mortale dei serpenti. Il giovane a sinistra è già morto, il suo corpo ormai esanime è sorretto dalle spire dei mostri; il figlio a destra è invece ancora vivo e cerca di liberarsi dalla salda presa dei serpenti con le poche forze rimastegli mentre volge uno sguardo disperato al padre, ritratto al centro della scena nell'attimo in cui uno dei serpenti lo morde allo stomaco, mentre cerca di allontanare il mostro con un energico movimento del braccio destro. Il suo volto è stravolto da un'espressione di grande dolore.
La scena è eccezionalmente realistica, sia nei movimenti sia nella rappresentazione dei volti e del corpo. Lo possiamo notare nella rappresentazione del figlio ormai morto la cui posizione è innaturale, tipica di un corpo ormai privo di vita. Anche il secondo figlio è incredibilmente realistico: egli è infatti l'unico che sembra avere una possibilità di liberarsi come si può notare dal fatto che è quasi riuscito a sciogliere il nodo delle spire del serpente dal suo polpaccio sinistro. Ma la sua speranza svanisce appena scorge l'espressione tremendamente addolorata e sconvolta del padre. Laocoonte è forse il capolavoro dentro il capolavoro di quest'opera. Egli è infatti ritratto in un momento di dolore: è stato morso dal serpente. La particolarità della figura è che è possibile quasi vedere il veleno passare lungo le vene che emergono dalla pelle con incredibile realismo mentre il sacerdote di Poseidone tenta di controllare il suo dolore, invano, come mostra la sua innaturale torsione del busto ma soprattutto il suo volto: è sconvolto, e sembra quasi di sentirlo urlare, come se il suo dolore potesse essere così forte da attraversare le pieghe del tempo e arrivare alle nostre orecchie immutato nelle sue angosciose note. E infatti vi è come un crescendo di pathos all'interno dell'opera: sembra esserci infatti una linea che comincia dal piede sinistro del figlio ancora vivo e che culmina nel movimento brusco ed energico del braccio destro di Laocoonte il cui gesto sembra quasi un ultimo tentativo di resistenza ad un destino crudele, ingiusto e spietatamente incontrastabile.

Questa è forse la scultura più importante tra tutte quelle arrivate sino a noi. Quest'opera è la prova delle capacità straordinarie di tre artisti che hanno voluto immortalare come in una fotografia un momento carico di pathos e tragicità. Una bravura incredibile che lasciò lo stesso Michelangelo esterrefatto tanto che la prese come esempio per le proprie opere in
alcuni caratteri e movimenti , come ad esempio la torsione di Laocoonte che Michelangelo utilizzò sui personaggi di tutte le sue opere.


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