sabato 27 gennaio 2018

LA RINASCITA DELL'ARTE: "STANZE VATICANE" DI RAFFAELLO SANZIO


Tra gli artisti più importanti del Rinascimento ve ne fu uno che riuscì a prendere spunto da tutti gli artisti di questo periodo (Piero della Francesca, Bramante, Michelangelo, Leonardo) fondendo nelle proprie opere le tecniche dei suoi predecessori e contemporanei ma con uno stile originale e innovativo, caratterizzato da contorni morbidi e movimenti fluidi. Quest'artista è Raffaello Sanzio.

La commissione


Autoritratto di Raffaello Sanzio
La decorazione delle 4 Stanze Vaticane fu affidata a Raffaello Sanzio da Papa Giulio II il quale volle che l'artista lavorasse da solo all'opera. Questo lavoro fu completato durante il pontificato del successore Papa Leone X. Lo stesso Raffaello morì prima di completare l'opera che fu continuata e completata dai suoi allievi.

Le Stanze Vaticane
Il ciclo pittorico si sviluppa sulle pareti di 4 sale degli Appartamenti papali e sono: la Stanza della Segnatura, la Stanza di Eliodoro, la Stanza dell'Incendio di Borgo, la Stanza di Costantino (che fu solo progettata da Raffaello ma realizzata da Giulio Romano).
La Stanza della Segnatura è forse la Stanza Vaticana più famosa e comprende due lunette dipinte: La disputa del Santissimo Sacramento e La Scuola di Atene.

Disputa del Santissimo Sacramento
La Disputa del Santissimo Sacramento vuole ricordare il sacrificio di Gesù. E questo evento è rappresentato dal calice dell'Eucaristia. La scena si sviluppa su tre livelli ad emiciclo: sul livello più basso vi è rappresentato, appunto, il calice eucaristico su un altare posto centralmente. Attorno ad esso si dispongono, invece, personalità legate alla Teologia ma anche personaggi famosi tra cui lo stesso Dante Alighieri, nascosto tra le figure a destra dell'altare. Lungo il livello medio sono schierati gli apostoli e i santi che circondano le tre figure centrali: la Madonna, Giovanni Battista e Gesù Cristo. Quest'ultimo è seduto su di un trono con uno schienale circolare ed è affiancato dalle altre due figure. Al livello più alto è rappresentato Dio affiancato da due schiere di angeli ed è illuminato da lunghi raggi di luce. A livello simbolico la composizione è un'esaltazione del Sacramento dell'Eucaristia e della Trinità. Infatti Dio, Cristo, lo Spirito Santo (rappresentato come una colomba bianca) e il calice eucaristico si trovano lungo la stessa linea ad indicarne l'importanza; inoltre il punto di fuga della prospettiva è proprio il calice per accentuare ancora una volta il valore del Sacramento dell'Eucaristia. Si può inoltre notare come in tutta la composizione si ripete il motivo delle forme circolari: nei raggi di luce in alto, nello schienale del trono su cui siede Gesù, nel cerchio dentro cui è rappresentata la colomba dello Spirito Santo, nella disposizione dei personaggi, negli emicicli dei livelli e nella stessa lunetta su cui è rappresentata la scena. Il significato di queste forme circolari è da cercare probabilmente nella filosofia neoplatonica secondo la quale il cerchio rappresentava il cielo quindi la perfezione che, in chiave cristiana, riporta al regno di Dio.

Scuola di Atene
La Scuola di Atene raffigura invece personaggi pagani. Infatti su di una scalinata di tre gradini sono rappresentati tutti i maggiori filosofi della classicità. Le figure centrali sul gradino più alto sono Platone e Aristotele. Poi è possibile notare Socrate sulla sinistra con un abito verde che incita un gruppo di persone al dialogo, Epicuro posto davanti ad un leggio sempre sul lato sinistro in veste di Bacco, Pitagora intento a scrivere su di un libro, Eraclito che scrive su di un foglio con un gomito appoggiato su di un blocco di marmo, Euclide sulla destra che traccia un segno con un compasso su di una lavagna stesa sul pavimento, Diogene disteso lungo la scalinata, Alessandro Magno che indossa un'armatura dorata e Ipazia che rivolge il suo sguardo direttamente allo spettatore e porta un vestito rosa. Ma ci sono due elementi estranei al mondo della filosofia: lo stesso Raffaello ed il suo amico Sodoma, il primo che rivolge lo sguardo all'osservatore, il secondo, con un cappello, che intrattiene una conversazione con un paio di filosofi. Tutta la scena è inserita sotto ad un imponente edificio che ricorda i quattro pilastri bramanteschi della Basilica di San Pietro a Roma.
Platone e Aristotele
A livello simbolico l'edificio che fa da sfondo ai filosofi rappresenta il Tempio del Sapere come testimonia anche la scultura posta dentro una nicchia sul lato destro della facciata dell'edificio che rappresenta Atena, la dea della saggezza e, appunto, della sapienza. Il punto di fuga delle prospettiva si trova tra i due maggiori filosofi: Platone e Aristotele hanno entrambi cercato la verità ma per vie differenti. Infatti Platone volge l'indice della mano destra verso il cielo ad indicare il mondo delle idee che egli credeva essere l'unica verità, mentre Aristotele rivolge il palmo della sua mano destra verso terra ad indicare che l'unica realtà secondo il filosofo è il mondo sensibile. Si possono inoltre notare di riferimenti espliciti ad alcuni artisti contemporanei di Raffaello. Infatti Eraclito ha il volto di Michelangelo, Euclide è rappresentato invece con le sembianze di Bramante e lo stesso Platone è stato dipinto con il volto di Leonardo. Questa caratteristica è forse data dal fatto che egli ammirava i suoi contemporanei ed esperti colleghi tanto da raffigurarli tra i più grandi filosofi di tutti i tempi.

La Stanza di Eliodoro comprende due lunette dipinte: La Cacciata di Eliodoro dal Tempio e La Liberazione di San Pietro dal Carcere.

Cacciata di Eliodoro dal Tempio
La Cacciata di Eliodoro dal Tempio rappresenta la scena biblica secondo cui il ministro Eliodoro, per conto del suo re, tento di rubare i soldi destinati alle vedove e agli orfani conservati all'interno del Tempio di Gerusalemme. L'interno del Tempio è molto simile a quello della Scuola di Atene ma è scandito da una serie di cupolette dorate. In primo piano troviamo a destra Eliodoro che, riverso sul pavimento, viene aggredito da un cavaliere celeste e da alcuni angeli armati. A sinistra vi è invece la schiera degli orfani e delle vedove mentre all'estrema sinistra è rappresentato il Papa Giulio II seduto su una portantina sorretta da alcuni uomini tra cui lo stesso Raffaello. Sullo sfondo vi è invece un sacerdote che rivolge lo sguardo al cielo implorando aiuto. A livello stilistico è possibile notare dei cambiamenti rispetto alle lunette della Stanza della Segnatura. Infatti i toni dei colori sono più scuri tanto che è possibile notare che l'artista si avvalse della tecnica del chiaroscuro. Vi è anche un notevole contrasto tra il lato sinistro che risulta più buio e il lato destro che è invece illuminato da una forte luce. Anche le cupole dorate lungo la navata centrale sono investite dalla luce come mostrano i riflessi sul metallo egregiamente rappresentati. I personaggi sono inoltre più dinamici rispetto a quelli delle lunette precedenti dando così grande importanza all'azione. Questa lunetta simboleggia il potere della Chiesa sempre protetta da Dio e per questo inarrestabile.

Liberazione di San Pietro dal Carcere
La Liberazione di San Pietro dal Carcere rappresenta il momento in cui San Pietro viene liberato,
grazie all'aiuto dell'angelo, dalla prigione dei Romani. Si può dividere la rappresentazione in tre scene diverse: al centro San Pietro viene liberato dall'angelo, a destra viene aiutato a uscire dalla prigione, a sinistra un soldato con una fiaccola esorta i propri compagni a inseguire il santo. A livello stilistico la scena è immersa nel buio e per questo risaltano le fonti d'illuminazione: l'angelo che è circondato da un'aurea di luce, la torcia che un soldato sulla scena di sinistra tiene in mano, dalla mezzaluna che spunta appena nel cielo, avvolta da soffici nuvole. Ma vi è anche la luce naturale reale che esce dalla finestra posta sotto la lunetta.

La Stanza dell'Incendio di Borgo presenta una lunetta di particolare importanza: l'Incendio di Borgo.

Incendio di Borgo
L'Incendio di Borgo rappresenta un tragico evento avvenuto a Borgo durante il papato di Leone IV: un incendio. Fortunatamente il Papa riuscì a spegnerlo in fretta ma non poté evitare che il quartiere subisse danni. La scena è di una tragicità incredibile: le figure si riversano per strada allarmate e come impazzite sullo sfondo della Basilica Paleocristiana di San Pietro della quale si intravede il loggiato. In secondo piano sono invece rappresentati i resti in fiamme di alcuni Templi Romani.
A livello stilistico l'artista è riuscito a dinamizzare le figure ricreando così la tragicità e il caos dell'evento: le persone fanno di tutto per salvarsi, anche scendere dai piani alti degli edifici come si può vedere in secondo piano. In primo piano troviamo invece tre figure particolari: un uomo con in spalla un vecchio e accanto un bambino. Questo è sicuramente un riferimento ad Enea, suo padre Anchise e il figlio Ascanio. Questo riferimento insieme ai templi in rovina è un chiaro richiamo alla classicità tipica del Rinascimento.


ANTONELLO DA MESSINA, L'ANNUNCIAZIONE


Antonello da Messina fu uno dei più importanti e originali artisti di tutto il Rinascimento. Egli infatti fu il primo ad utilizzare nei propri dipinti la tecnica ad olio grazie alla quale i colori assumono una maggiore lucentezza. Fu anch'egli colui che invento la pittura su tela che permetteva all'artista di poter portare sempre con sé le proprie opere.

L'ANNUNCIAZIONE
La scena
La tela ritrae il momento in cui l'Angelo annuncia a Maria che da lei sarebbe nato il figlio di Dio che il cui nome sarebbe stato Gesù. Ma l'artista immortala il momento secondo una visione del tutto innovativa. Infatti nella tela non vi è alcuna presenza concreta dell'Angelo ma la si può intuire solo da una leggera luce all'angolo basso della tela. L'unica figura presente nella scena è la Vergine Maria che si trova dietro un leggio avvolta da un manto azzurro. La sua espressione è sorpresa e spinge una mano leggermente avanti come per proteggersi.

Lo stile

Quest'opera è un chiaro esempio della bravura e delle straordinarie capacità pittoriche di Antonello da Messina. Lo si può notare nella resa del volto, un volto delicato la cui espressione tradisce, in maniera composta, la sorpresa dovuta all'apparizione improvvisa dell'Angelo. Ma è tutta la composizione ad essere innovativa: è infatti il movimento delle pagine del libro posto sul leggio davanti a Maria che fa capire che vi è movimento nella scena. Ma la stessa luce è orchestrata egregiamente da Antonello da Messina: infatti l'unica fonte d'illuminazione della scena sembra venire dall'esterno della tela e illumina la figura di Maria di un aurea Santa e benefica.

Questa tela è il simbolo del cambiamento che l'arte stava subendo durante il Rinascimento, una corrente artistica che forgiò molti artisti di innata bravura e fantasia come Brunelleschi e lo stesso Antonello da Messina.

sabato 20 gennaio 2018

ARTE E MITO: IL LAOCOONTE


Il Mito
Nel II libro dell'Eneide, Virgilio narra della caduta di Troia ad opera degli Achei. Egli racconta che quando i Troiani si svegliarono ed uscirono dalle proprie case, dieci anni dopo lo sbarco dei Greci sulla costa asiatica, trovarono un cavallo di legno sulla spiaggia e nessuna traccia delle navi greche. Sul momento i Troiani considerarono il cavallo un dono divino alla città. In questo punto della narrazione emerge una figura fino ad allora nascosta: Laocoonte. Egli era sacerdote del dio Poseidone e fu l'unico a capire che il cavallo era solo un'astuto inganno ordito dai Greci. Cercò infatti di convincere il proprio popolo a bruciare il cavallo, sicuro che al suo interno si nascondessero alcuni soldati Achei, e trafisse il ventre del cavallo con una lancia. Ma una divinità ostile alla città di Troia, forse Atena, lo fermò: fece emergere dal mare due grossi serpenti marini che aggredirono i suoi due figli. Nel tentativo di salvare i due giovani fu anch'egli avvinghiato dalle mortali spire dei due serpenti. Dopo che i tre Troiani morirono, i due mostri salirono su per l'acropoli della città, fino a fermarsi ai piedi della statua che ritraeva la divinità che li aveva mandati. Questo evento fu interpretato dai Troiani come segno degli dei e fecero entrare il cavallo all'interno delle mura cittadine, provocando così la successiva caduta di Troia.

La scultura

Il Gruppo del Laocoonte è opera di tre grandi artisti originari di Rodi. La scultura è risalente al periodo ellenistico e ritrae la tragica scena di Laocoonte e dei suoi figli avvolti dall'abbraccio mortale dei serpenti. Il giovane a sinistra è già morto, il suo corpo ormai esanime è sorretto dalle spire dei mostri; il figlio a destra è invece ancora vivo e cerca di liberarsi dalla salda presa dei serpenti con le poche forze rimastegli mentre volge uno sguardo disperato al padre, ritratto al centro della scena nell'attimo in cui uno dei serpenti lo morde allo stomaco, mentre cerca di allontanare il mostro con un energico movimento del braccio destro. Il suo volto è stravolto da un'espressione di grande dolore.
La scena è eccezionalmente realistica, sia nei movimenti sia nella rappresentazione dei volti e del corpo. Lo possiamo notare nella rappresentazione del figlio ormai morto la cui posizione è innaturale, tipica di un corpo ormai privo di vita. Anche il secondo figlio è incredibilmente realistico: egli è infatti l'unico che sembra avere una possibilità di liberarsi come si può notare dal fatto che è quasi riuscito a sciogliere il nodo delle spire del serpente dal suo polpaccio sinistro. Ma la sua speranza svanisce appena scorge l'espressione tremendamente addolorata e sconvolta del padre. Laocoonte è forse il capolavoro dentro il capolavoro di quest'opera. Egli è infatti ritratto in un momento di dolore: è stato morso dal serpente. La particolarità della figura è che è possibile quasi vedere il veleno passare lungo le vene che emergono dalla pelle con incredibile realismo mentre il sacerdote di Poseidone tenta di controllare il suo dolore, invano, come mostra la sua innaturale torsione del busto ma soprattutto il suo volto: è sconvolto, e sembra quasi di sentirlo urlare, come se il suo dolore potesse essere così forte da attraversare le pieghe del tempo e arrivare alle nostre orecchie immutato nelle sue angosciose note. E infatti vi è come un crescendo di pathos all'interno dell'opera: sembra esserci infatti una linea che comincia dal piede sinistro del figlio ancora vivo e che culmina nel movimento brusco ed energico del braccio destro di Laocoonte il cui gesto sembra quasi un ultimo tentativo di resistenza ad un destino crudele, ingiusto e spietatamente incontrastabile.

Questa è forse la scultura più importante tra tutte quelle arrivate sino a noi. Quest'opera è la prova delle capacità straordinarie di tre artisti che hanno voluto immortalare come in una fotografia un momento carico di pathos e tragicità. Una bravura incredibile che lasciò lo stesso Michelangelo esterrefatto tanto che la prese come esempio per le proprie opere in
alcuni caratteri e movimenti , come ad esempio la torsione di Laocoonte che Michelangelo utilizzò sui personaggi di tutte le sue opere.


domenica 14 gennaio 2018

LA RINASCITA DELL'ARTE: "LA VOLTA DELLA CAPPELLA SISTINA" DI MICHELANGELO BUONARROTI


La volta della Cappella Sistina è oggi uno dei capolavori artistici di tutti i tempi. Quest'opera è il frutto del genio travagliato di uno dei più grandi artisti che si sono susseguiti sin dai tempi più antichi, un uomo che utilizzava l'arte come mezzo per esprimere le proprie emozioni e le proprie convinzioni, un uomo che ha cambiato per sempre il volto dell'arte.

La commissione
Nei primi anni del Cinquecento Giulio II, che era allora il Papa, decise di intraprendere la ristrutturazione della volta della Cappella Sistina. Essa infatti, affrescata precedentemente con un semplice cielo stellato, aveva subito dei danni sia alle pitture sia alla struttura tanto che si formarono anche alcune crepe. Questo lavoro fu affidato a Michelangelo Buonarroti. In quel periodo egli stava, però, lavorando alla costruzione del monumento funebre dello stesso Giulio II. Questo nuovo lavoro affidatogli dal Papa provoco le sue ire poiché egli stesso affermava che preferiva l'arte della scultura e dell'architettura piuttosto che l'arte della pittura. Nonostante questo si cimentò immediatamente nell'impresa. Dopo poco poco tempo gli fu permesso di ampliare la superficie da dipingere fino a raggiungere i 500 mq.

La lavorazione
Dopo un primo periodo durante il quale Michelangelo si servì dell'aiuto di alcuni allievi, l'avanzamento fino ad allora costante dell'opera subì una brusca battuta d'arresto. Quando furono ripresi i lavori alla volta, l'artista decise di continuare il lavoro da solo. Si fece così montare le impalcature e passò quattro anni chiuso nella Cappella Sistina con poche fiaccole per permettergli di lavorare anche al buio. In questo modo si recò gravi danni alla vista, ma riuscì a mantenere un'andatura costante nella stesura degli affreschi.

Gli affreschi della volta
Le prime figure ad essere rappresentate nella volta sono 5 Sibille e 7 Profeti seduti su dei troni di marmo che sorreggono due pilastrini su cui vi sono rappresentati i bassorilievi di due putti. questi pilastri sorreggono una struttura architettonica dentro la quale sono rappresentate nove scene bibliche tratte dal libro della Genesi: Separazione della Luce dalle Tenebre, Creazione degli Astri Celesti e delle Piante, Separazione della Terra dalle Acque, Creazione di Adamo, Creazione di Eva, Peccato Originale e Cacciata dal Giardino dell'Eden, Ubriachezza e Derisione di Noè, Diluvio Universale, Sacrificio di Noè. Sui lati corti delle scene con la cornice più piccola sono rappresentate coppie di Ignudi, Angeli privi di ali o Geni classici, che reggono foglie di quercia e pigne, simboli delle casate di Sisto IV e di Giulio II. Tra ogni coppia di troni vi sono delle lunette sopra le finestre e nelle vele d'imposta della volta dove sono rappresentati gli antenati di Cristo secondo il Vangelo di Matteo. Ai quattro angoli della volta rettangolare vi sono invece quattro strutture semicircolari al cui interno vi sono rappresentati quattro miracoli biblici descritti nel Libro dei Re: La Punizione di Aman, Davide e Golia, Giuditta e Oloferne, Il Serpente di Bronzo. 

La simbologia 

Tutta la composizione è incentrata sul rapporto tra Antico e Nuovo Testamento. Essa infatti cerca di sintetizzare il lungo cammino dell'Umanità da Adamo fino ad ora. Possiamo infatti notare il richiamo all'Antico Testamento nelle Storie della Genesi, e il richiamo al Nuovo Testamento nelle lunette e nelle vele d'imposta della volta con gli antenati di Cristo. Il tutto continua con un'altra opera di Michelangelo presente nella Cappella Sistina: il Giudizio Universale che simboleggia la conclusione del viaggio di ogni cristiano. Ma troviamo anche un altro rapporto oltre a quello tra i Libri della Bibbia: quello tra Cristianesimo e Paganesimo. Michelangelo utilizza molto nelle sue opere i canoni classici ed è affascinato da questo mondo già allora irrimediabilmente lontano ma così vicino alla perfezione. Simbolo della conciliazione tra arte pagana e arte cristiana sono le figure dei Profeti per la prima, le Sibille per la seconda. Il tema della classicità pagana è anche evidenziato dalla presenza degli Ignudi, personaggi della mitologia classica, e dalla michelangiolesca esaltazione della nudità umana, sia femminile sia maschile, che centralizza l'importanza dell'uomo secondo la filosofia umanistica. Ma è possibile trovare un altro tema nella composizione, sempre identificabile nelle figure degli Ignudi: la concezione neoplatonica dell'uomo, che considera l'uomo un essere in continua pena che cerca costantemente di liberare la propria anima dalla prigione del corpo.

Lo stile
Durante la stesura della Cappella Sistina Michelangelo ebbe una graduale ma evidente evoluzione stilistica che però non ha intaccato minimamente la bellezza dell'opera. Possiamo notare una differenza stilistica già a partire dai Profeti e dalle Sibille. Infatti alcuni di essi presentano dimensioni più contenute dove la figura più importante è affiancata da altre figure minori in dimensioni e importanza. Altre invece occupano tutto il trono giganteggiando solitari. Anche nelle stesse Storie della Genesi troviamo questo cambiamento stilistico. Nel Sacrificio di Noè, Diluvio Universale e Ubriachezza e Derisione di Noè, sono rappresentate innumerevoli figure di dimensioni ridotte e vi è una particolare e definita rappresentazione del paesaggio. Nelle scene seguenti (Creazione di Eva, Creazione di Adamo) le figure sono, invece, più grandi ed espressive. Le loro emozioni sono infatti rese palpabili e concrete da gesti enfatizzanti dei personaggi. Le ultime tre scene rappresentano il culmine di questa evoluzione stilistica. La Separazione della Terra dalle Acque, Creazione degli Astri Celesti e delle Piante, Separazione della Luce dalle Tenebre sono caratterizzate infatti dalla presenza di una sola figura: Dio. Egli infatti padroneggia tutta la scena e nella seconda scena è addirittura ritratto due volte, in una delle quali rivolge all'osservatore la schiena, Posizione del tutto innovativa, mai proposta prima.

La volta della Cappella Sistina è forse l'opera più significativa e importante di Michelangelo che, nonostante la sua preferenza verso la scultura, è riuscito a creare con le sole mani o come egli stesso affermava 'con il cervello' un'opera che a distanza di secoli dal contesto storico in cui è nata, riesce ancora a stupire e a meravigliare i milioni di turisti che ogni anno da tutto il mondo entrano in quella sala e si chiedono: 'Come ha potuto un uomo fare questo?'.